Lettori fissi

lunedì 13 luglio 2015

RACCONTO DI VIAGGIO - THAILANDIA IN SOLITARIA

Rieccoci. Improvvisamente dopo anni di assenza, mi è ritornata la voglia di scrivere. Un bisogno prorompente.
Scrivere di viaggi. Dei miei viaggi.
Forse l'unico modo per imprimere i ricordi.
Da L' Erasmus ne son passati di eventi. Mi sento più matura e con un bagaglio personale ricchissimo.
5 mesi in Madagascar e poi 5 in Thailandia. Lavoro come cantante/animatrice in resort 5 stelle.
Molto pappona.
Per questo non mi sono accontentata di essere barricata in villaggio, ma la mia voglia di esplorare, vedere, gustare con gli occhi le meraviglie dei luoghi è stata sempre predominante.

Thailandia. Phuket. Dicembre 2014 - Aprile 2015.
5 mesi di lavoro intensi e bellissimi, ma volevo di più.
Avevo avuto modo di placare le mie paure vivendo il luogo e ascoltando rapita i racconti altrui. Lo dicevano tutti: la Thailandia è un paese sicurissimo e tranquillissimo. I principi del Buddismo sono seguiti per davvero. Si punta più alla purificazione di se stessi, tanto da prendere la frase "Vivi e lascia vivere" in maniera letterale. Forse pure troppo.
Mi balenava sempre di più nella mente l'idea di un viaggio a fine contratto, all'esplorazione della capitale Bangkok, e del nord della Thailandia, dove la non presenza di turisti vacanzieri avrebbe placato il mio Io e avrei potuto gustare le bellezze del posto al naturale.
Ma con chi? Tutti sembravano avere altre esigenze.
In me era troppo forte la voglia. Non potevo andarmene dalla Thailandia avendo visto poco più di un resort turistico, seppur meraviglioso.
Parto da sola, mi son detta. Non importa. Ce la farò. Sarebbe stata la prima volta per me. Un viaggio vero. Da sola.
Un guizzo di adrenalina mi ha pervaso per giorni. Le paure erano all'ordine del giorno, ma ero eccitatissima all'idea che sarei potuta essere un'amazzone cazzutissima.
Ho organizzato tutto durante le brevi pause dal lavoro e facendomi venire gli occhi piccoli per il troppo tempo al computer fino a notte fonda. Il caldo della Thailandia penetrava nelle vene. 37 gradi notturni pressoché perenni. Ma adoravo quel caldo. Adoravo tutto. Adoravo essere una gran figa super strong.
... E poi, pensavo... lo devo a me stessa. Devo dimostrarmi di potercela fare, che in fondo, che problema c'è. Parto e mi lascio avvolgere da ciò che accadrà. Crescerò.
Prenoto volo di andata e ritorno in giornata in Malesia per rinnovare il visto in scadenza, prenoto voli interni e prenoto gli ostelli. Tutto questo prenotare fa poco "traveler", ma per essere la prima volta un minimo di punti saldi volevo tenermeli stretti. In compenso avevo tutto il necessario in uno zaino da 8 chili.
Non restava che organizzare ciò che doveva succedere tra un volo e l'altro. Il vero viaggio.

Ci siamo. 29 aprile 2015, saluto tutti, e salutare i miei colleghi mi fa stringere il cuore. Lacrime a gogò, lascio il cuore a Phuket, al mare, a Karon Beach e ai suoi tramonti che hanno circondato le mie letture di romanticismo, a Phi Phi Islands e ai suoi meravigliosi e altissimi faraglioni ormai vittime del turismo di massa, a Similan Islands e alla sua distesa di mare di un turchese paradiso circondato da rocce liscissime e rotonde, a James Bond Island, che con il suo faraglione che finisce a punta nell'acqua, ne fa il simbolo per antonomasia della Thailandia. Lascio tutto. E forse per sempre.
Ma mi consola l'idea dei miei 10 giorni d'avventura che mi daranno il giusto distacco emotivo prima di tornare in Italia ed essere catapultata nella mia vecchia realtà.
Parto. Direzione Bangkok. Poco più di un'ora di volo e ci siamo. Atterrata. Dove andrò, che farò?
Subito mi dirigo verso la stazione degli autobus di linea della città. Il numero 30 mi porterà alla fermata Mochit della BTS, lo skytrain della capitale. Da lì raggiungerò l'ostello a Nana. 30 bath il ticket, 80 centesimi. Guardo estasiata fuori dal mio finestrino alla ricerca di qualcosa che mi facesse capire di essere a Bangkok, una delle più influenti capitali d'Asia. Ci sono, ce l'ho fatta, comincia l'avventura. Ho la friccicarella che mi pervade in tutto il corpo. Il mio respiro è profondo.
Accanto a me una dolce signora sulla quarantina, un pò fashion victim asiatica, mi parla in inglese. Miracolo!! Posso comunicare con qualcuno! Generalmente i Thai sono molto restii a imparare l'inglese, ma mi dico, forse nella capitale c'è più gente che lavora nelle grandi aziende che deve averlo studiato. Che fortuna! La signora si offre di accompagnarmi all'ostello perché è di passaggio. Mi dà il suo numero per qualsiasi evenienza. Non posso che esserle super grata. Bangkok mi sorride. La adoro di già.
E' già sera. Mi faccio un piccolo giro nel quartiere del mio ostello. Sono a Nana, un quartiere per lo più abitato da Arabi e Indiani. Esco dalla viuzzola del mio ostello e vengo letteralmente catapultata in un pot-pourri di locali, cibi, odori, etnie, luci, impossibile decidere dove guardare. Le immagini mi scorrevano velocissime davanti agli occhi. Ero in estasi. Vado a dormire felice, e ancora malinconica per aver lasciato i miei colleghi ed essere piombata nel silenzio e in una solitudine di cui negli ultimi 5 mesi non ne avevo sentito parlare. Mi scende ancora qualche lacrima. I ricordi sono vividi e non posso pensare a quanto sia scocciante che le cose belle debbano finire per forza. Ma forse se non sapessimo della fine, non le vivremmo così intensamente.

Giorno 2. Sveglia alle 6. Comincia l'esplorazione. Non posso che cominciare dal Palazzo Reale e tutti i templi circostanti. Prendo la BTS fino a Saphan Taksin Station e poi il Chao Phraya Express Boat. L'esperienza in battello sul fiume Chao di Bangkok sapeva da fare. Mentre cerco di seguire la guida thai che parla inglese (tutto dire) per capire dove scendere, la mia vocina interna continua a dire "dove sono, dove cazzo sono, dove sono, dove cazzo sono". Sembra un mantra. Finalmente sono a destinazione, fermata beccata! Yeah!
Mi dirigo verso il Grand Palace attraversando la miriade di bancarelle di street food che ci sono ovunque. Il termometro del cellulare segna già 39 gradi. E queste personcine che cucinano sulla strada riempendola di fumi caldissimi non fanno altro che aumentare la temperatura. Piacevole!
Entro. 500 bath e sono nella residenza ufficiale dei re della Thailandia dal 1785. Appena mi sporgo oltre il corridoio iniziale, un tuffo di bellezza mi pervade. Rimango senza fiato e non riesco a dirmi altro che "bellissimoooo, bellissimooo, bellissimooo". Sono scioccata da così tanta bellezza in un posto così circoscritto. E' stupefacente. Una miriade di specchi, colori. Oro. Ovunque. Cerco di esplorarne ogni centimetro quadrato rapita ogni passo di più. Non dovevo andar via senza aver visto anche la più piccola parte di quel luogo. Mi sento una bimba al paese dei balocchi.
Visito anche il Tempio di Smeraldo che vi è all'interno. E' il più sacro tempio buddista. Trovo su uno splendido trono intarsiato d'oro il Buddha di Smeraldo, palladio della monarchia thailandese.
Dopo aver trascorso due ore buone al Palazzo Reale, mi dirigo verso Wat Pho, poco più distante, conosciuto anche come Tempio del Buddha Sdraiato. Infatti eccolo li. Una statua gigante tutta d'oro. 46 metri in lunghezza, 15 in altezza. E' davvero enorme. Penso che oggi occuperò tutto il tempo a farmi risuonare in testa l'eco di sorpresa "Oh mammaaaaa!!!!".
Nel cortile esterno un pullulare di quella che è l'architettura thai dei templi: piccole pagode coloratissime, guizzi di geroglifici d'oro sui tetti spioventi, statue di guardiani cinesi poste per accogliere alle entrate dei diversi ambienti, e se si alza lo sguardo, un tripudio di punte che si liberano nel cielo celeste.
Attraverso il fiume con un battellino da 3bath, praticamente 7 centesimi, per raggiungere il Wat Arun, ma con mio grande dispiacere la pagoda centrale è immersa sotto una coltre di impalcature e teli sporchi. La stanno restaurando. Un grandissimo peccato.
Ho camminato già tantissimo, in condizioni fisiche non ottimali e dolori di pancia lancinanti (dico io, proprio oggi dovevate arrivare?!). Il caldo è arrivato a 46 gradi. Ho la vista annebbiata e mi trascino, letteralmente appoggiandomi  ai muri. Che scena pietosa! Decido di mangiare agli street food per risparmiare le finanze. Non mi pento affatto. Due belle fettone di pollo impanate e cetrioli freschi! buone! Sui banchetti chiacchiero con una coppia russa sulla sessantina trapiantati in America. Mi propinano la loro azienda super figa di prodotti all'aloe vera, che gli dà la possibilità di questo lungo viaggio in tutte le capitali d'Asia: Bangkok, Singapore, Pechino, Tokyo... e poi chissà, che ne dite di rientrare a casa? :) Gentili, momento piacevole. Hanno voluto anche una foto con me. Chissà in quali case sarà finita.
Nel pomeriggio riprendo il battello per tornare ma mi fermo al Flower Market. Un mercato dei fiori grandissimo e pieno zeppo di colori. Tutti sono in convulsione per i preparativi per la sera. Il mercato ha maggiore affluenza dopo il tramonto perchè i fiori si mostrano al meglio. Una passeggiata appagante e gratificante nella vera Thailandia. Tutti i vicoletti più insensati dovevo percorrerli. Cammino da sola immergendomi nella vera realtà di Bangkok. Non ho trovato altri turisti.  Il mio respiro è fiero e felice. Sono davvero emozionata.
Voglio fare il pieno, sono stanca, ma devo concludere la giornata in bellezza. Dopo battello e BTS, raggiungo il posto che da quando ho prospettato questo viaggio, si era tramutato in dolce sogno presto realizzabile. Lo Skybar del Lebua State Tower. 64esimo piano, su una cupola d'oro. Anche il regista di Una Notte da Leoni 2 ha pensato di girare da qui tutte le scene panoramiche di Bangkok.
Ci sono. La vista è mozzafiato. Ma mozzafiato per davvero! Un tuffo al cuore. Bangkok sotto i tuoi piedi. Il fiume Chao e una miriade di grattacieli simbolo della Bangkok ormai industrializzata. Un succo all'ananas e un vento caldo piacevolissimo che da tregua a quello ovattato e congestionato del traffico. Tre ore trascorse lì godendomi il tramonto e la vista serale. Volutamente parlo pochissimo con chi mi circonda. Voglio quel momento solo mio. Dopo la fatica di 5 mesi intensi di lavoro e della prima giornata molto pesante, mi godo la pace. I pensieri mi pervadono. Penso a quello che è stato e quello che sarà. La mia vita mi piace. Sono davvero felice. Respiro tutti i pensieri positivi che mi frullano nel cervello. Il mio corpo è appagato.

I due giorni successivi li impiego visitando le case di legno teak, passeggiando per i quartieri vivi e colmi di qualsiasi cosa si possa immaginare, andando allo zoo più famoso della capitale (evitabile), visitando il Big Bazar e godendomi i parchi. Passeggio e mi viene incontro una vecchina thai, con una tunica bianca, sdentata e scalza, tra migliaia di persone che mi erano intorno sceglie me per donarmi un bigliettino, blatera qualche parola incomprensibile e se ne va. Apro e leggo: "BREATH IN BREATH OUT, CONSIDER ALL TIME BE COME HAPPY AND GOOD LUCK". Inglese discutibile, ma wow! lo interpreto come un segno di buon augurio. Non è un caso!
Il quarto giorno, ho appuntamento con Antonio, una guida thai che parla italiano. Evidentemente quello non sarà il suo vero nome. Con lui e insieme a un'altra coppia di sposini dolci e silenziosi siciliani ci dirigiamo al mercato galleggiante Damnoen Saduak. Un altro simbolo della Thailandia. Un mercato completamente sull'acqua dove piccole imbarcazioni tipiche si fanno strada, e tentano di convincere i turisti a comprare i loro prodotti: cibo, fiori, cappelli, parei, profumi. C'è di tutto. Lo spettacolo è particolare e suggestivo. La particolarità dei visi thailandesi mi mette allegria. L'intersecarsi delle barche crea perennemente foto da cartolina.
Ci dirigiamo verso il Rose Garden, dove mangiamo abbagliati dalla vista di una distesa rilassante di prato inglese. Poi ci spostiamo per vedere uno spettacolo degli elefanti e uno spettacolo sulla cultura e la storia thai. Il più importante della Thailandia e con il più alto numero di figuranti. Giornata carinissima e organizzata molto bene.
E' arrivato il momento di salutare Bangkok. Mentre mi dirigo in aeroporto, sono solo le 9 di mattina, grondo di sudore e per la prima volta vedo che il termometro del cellulare segna 50 GRADI!! Help!! fortuna che non sarò qui alle 2 di pomeriggio!


Parto per Chiang Mai, la più grande capitale del nord. Un'ora di volo con la mitica compagnia asiatica low-cost AirAsia che sto sovvenzionando alla grande e atterro. "Dove vado, che faccio". La mia vocina interna continua a parlare ma puntualmente le vengono date risposte ogni volta un secondo dopo. Prendo uno dei tanti taxi, e mi faccio portare in ostello. Mi registro, lascio la roba e subito esco.
Voglio subito andare al Doi Suthep, il famoso tempio dei 300 gradini. Dopo una mezz'oretta di Songthaew, i tipici camioncini con due panche laterali, e dopo tante curve per salire sulla montagna, arriviamo. Forza, si comincia la scalata dei gradini. In realtà molto più tranquilla di quello che immaginavo. Arrivo in cima e mi godo il classico tripudio di cupole, oro e piccoli Buddha. Per intrattenere i turisti ci sono anche gruppi di bambine carinissime, vestite con abiti tradizionali che di tanto in tanto ci deliziano con danze tipiche. Sono bellissime ma non posso far altro che pensare a cosa porta il turismo. Tanti bimbi in vetrina, sotto l'occhio delle più tecnologiche fotocamere. La gente neanche si avvicinava a chiacchierare, abbracciarle, far qualcosa! Pura merce turistica.
Finisce il tempo che ci aveva dato l'autista e riscendiamo a valle. Mi faccio portare in centro. Mi perdo nelle strade di Chiang Mai. Vado subito in una delle tante piccole agenzie per prenotare le escursioni per i prossimi giorni. Sembra abbia beccato una buona. La tipa parla inglese perfettamente ed è molto gentile. Mi fa i complimenti per il mio di inglese (??)
Visito un altro tempio. Questa volta più caratteristico perché il più antico della Thailandia. Il Wat Chedi Luang. Lasciato in pietra e anche un po diroccato da un lato. E' del 14esimo secolo. Al cielo azzurrino del tramonto, si accendono le luci e tutto sembra più fiabesco. E' la prima volta che vedo un tempio versione notturna. La vista è appagante.
Mi perdo ancora cercando il Night Bazar, ma mi ritrovo da tutt'altra parte. Pazienza. Mi ritrovo in una piazzetta con tante bancarelle di street food. Decido sia l'ora di farmi un'hamburgerazzo da strada e sedermi ai tavolini di ferro, tutto fuorché puliti, ma la cosa mi fa sorridere. Tutto ciò che per noi è normale per altre culture non lo è. E quindi il cinese accanto a me, e daje a sputare, forse volendo far di tutto per centrare il mio piede; dai su forza! prendiamo tutti allegramente l'acqua (di indubbia provenienza) dalla stessa tanica con lo stesso mescolo da cui alcuni ci bevono direttamente (anche il cinese che sputa), e così via. Eee vabè, famose na risata. Incontro un canadese che si avvicina perchè colpito dai miei vestiti coloratissimi e ne ridiamo a crepapelle.
Stanca mi addormento alle 20.30. Il giorno dopo sveglia presto. Escursione organizzata al Doi Inthanon National Park. 80 kilometri più a nord per ritrovare un tempio gigante sulla punta più alta della Thailandia. Da 47 gradi a 17 in un colpo. Eravamo formichine a confronto dell'imponenza delle strutture buddiste immerse nelle montagne. Finalmente mi ritrovo in mezzo a un gruppo straeterogeneo. La solitudine è bella, ma cominciavo ad averne abbastanza. Ero l'unica italiana, e ci sono due ragazze francesi molto rock della mia età con cui finalmente posso esprimermi al meglio e raccontarmi. Lo stesso fanno loro con me. Si crea un bel gruppo. Un giapponese uomo d'affari, con la sua pronuncia inglese dolcissima, si offre sempre di farmi foto anche se per chiedermelo ci mette tre ore. Ma non importa, è davvero una persona a modo e gentile. Una coppia settantenne americanazza yeeeeah yeeeah che stringe amicizia con un'altra coppia settantenne londinese. Sono carini tutti e quattro, mi fermo spesso a parlare con loro. Nonostante il mio inglese per niente perfetto mi fanno sentire a mio agio. Sto bene. Poi ci sono una coppia di mamma e figlia olandesi. La figlia è in Cina a fare l'insegnante privata di inglese per una famiglia facoltosa e la mamma l'ha raggiunta per questo viaggio in Thailandia con lo scopo di rinnovare il visto. E poi una coppia di sposi dell'Oman. Vedere questo crogiolo di culture tutte insieme in un pulmino a ridere e scherzare mi commuove. Mi sento piena.

Una bella dormita e preparo lo zaino in previsione delle prossime ore. Mi aspettano due giorni di trekking nelle montagne del nord-ovest. Trekking? Mai fatto in vita mia. O almeno non per raggiungere "cime". Incoscientemente prenoto lo stesso. Non importa. E' la parte di viaggio che più desideravo fare: perdermi nella natura incontaminata thailandese.
Mi passano a prendere con il classico songthaew. Sono la prima. Chissà chi mi capiterà, chi andremo a prendere adesso, penso.
Il primo è un ragazzo che sento già sbraitare dalla hall dell'hotel dove l'autista si era affacciato per chiamarlo. Aveva un inglese con accento piuttosto italiano. Secondo lui eravamo in anticipo e sua maestà non era ancora pronto. C'era una punta di arroganza nella voce, ma non appena sale in Jip mi accorgo dei suoi occhi e sono meravigliata. Erano verde-grigio-marrone. Erano stupendi e profondi e sembravano occhi buonissimi. Mi si presenta, in realtà è israeliano, si chiama Ram e ha 40 anni. Un ragazzone pelato, muscoloso e tatuato. Già mi intrippa con una marea di parole e questo sguardo alla Raz Degan. 'Cavolo - penso - questo se mi guarda un altro po svengo'. E' sempre la mia vocina interna a parlare. Mi chiedo, ma perché gli israeliani hanno dei lineamenti così belli? Un misto tra Persia, Arabia, Caucaso.
Subito c'è un feeling fraterno, mi racconta di essere stato in esercito. Ecco perché aveva un po quel fare da marine. Dice che ha ucciso. Mi spaventa. Con chi sono capitata, penso. Mi spiega che i palestinesi entravano nei villaggi e a colpi di machete decapitavano i loro bambini. "What should I do? Tell me." Cosa poteva fare se non sparare? Mi mostra la pelle d'oca mentre lo racconta. Effettivamente è vero. Ce l'ho anch'io. "E' per questo che ora, giro il mondo, non ne voglio più sapere, sto bene così, via da tutto" mi dice.
Incontriamo gli altri. Arrivano due amici neozelandesi della mia età. John e Rhys. Adventurous travelers inside, i tipici da capello lungo sporco, birra perennemente in una mano e cannetta nell'altra. Insieme a loro, una coppia trentenne della Nuova Caledonia, Sylvia e Sebastien. Parlano francese! La mia pace! Dopo tanto cervellarmi sull'inglese. Adoro il loro modo di vivere la coppia. Fanno un lavoro di quelli che mia madre definirebbe "serio" o meglio ancora "normale" e poi le vacanze le impiegano così. Prendere e partire senza percorsi prestabiliti.
E poi arrivano due ragazzi parigini. Wow, sono fortunata! Potrò comunicare! Pierre e Fabrice. Fabrice lavora in Indonesia nel campo dell'ingegneria e Pierre l'ha raggiunto per questo viaggio all'avventura di un mesetto.
In ultimo incontriamo un belga Dominik, e due danesi, un ragazzo e una ragazza, che non parlano tanto. Tant'è che purtroppo non ne ricordo il nome. I 3 sembrano conoscersi. Ma non ne sono sicura perché restano in disparte inizialmente.
Si parte. Un'ora di camioncino. Da vomito. Per niente piacevole. Ma ci siamo. Inizia il trekking.
10 minuti e sono morta. Molto bene! Mi aspettano altre 2 ore e 50 minuti. "No ma brava Rossella, hai pure scelto il percorso per 'esperti'. Bravissima"
Grondo sudore come mai in vita mia. Temperature altissime, pendenza in salita che mi sembra a 180 gradi, zaino che si è fatto pesantissimo, il paesaggio è arido e non vi è nulla da ammirare. E' solo una tortura bella e buona. Una prova di forza personale che non ha senso di esistere. Ram il polemico sbraita, e così facendo mi butta ancora più giù. Ma è sempre attento a me, e a chè stia bene. Mi aiuta nei percorsi più impervi. Lo apprezzo. Gli altri invece vanno spediti a una velocità assurda. No, ma fate pure. Quando in alcuni punti i due gruppi separati dalla fatica si ricongiungono emerge la personalità di Dominik il belga. Il classico tipo taciturno che quando fa una battuta fa ridere tutti. Ha quella ironia seria che mi fa sbellicare. Mi ricorda tanto Sheldon di The Big Bang Theory.
A circa una mezz'ora dalla fine, passa una JIP. Io, Sylvie e Sebastien la prendiamo anche a costo di pagare. Ram, che è stato il primo a fermare la macchina, per principio, sul pagamento non transige. Arriviamo finalmente in cima, stremati e sporchissimi. Ma finalmente ci sediamo, compriamo l'acqua da un bar fatto di bambù, e chiacchieriamo con altri gruppi che erano arrivati un po prima di noi. Finalmente la vista delle montagne è una buona ricompensa. Ci rilassiamo e ci riprendiamo. Dopo un quarto d'ora, arriva Ram. E' riuscito a prendere un'altra JIP, arrivata poco dopo, senza però dover dare la mazzetta. Che sfiga. Pazienza.
Ci raggiungono gli altri, freschi come le rose, neanche il fiatone. Mah. Poco dopo Dominik mi racconta che questo è nulla rispetto alla scalata dell'Himalaya che ha fatto un mesetto prima in Nepal. Effettivamente, tutto è relativo. ...e io che mi sentivo un'amazzone cazzutissima. Certo.
Saliamo ancora un altro po per arrivare nella casetta riservata a noi. Scopriamo essere la più bella e quella più in cima. La vista è talmente rilassante che ci scordiamo della fatica fatta. Il rifugio è interamente in bambù, e la sensazione di camminare scalzi su dei bastoncini sospesi è affascinante. La vista è molto più suggestiva. Dopo tanto mare, anche le montagne appagano i sensi. Si sta freschi. Lasciamo scorrere il pomeriggio cantando in cerchio accompagnati dalla chitarra con tanto di spartiti di canzoni occidentali che le guide thai avevano portato lungo tutto il cammino, e incominciano a cucinare in prossimità della cena. Anche Ram cucina per noi, perché in fondo ha lo spirito buono. Si era fissato di voler essere il nostro cuoco e a valle aveva comprato un chilo di scampi con tanto di condimenti per farci una zuppa. Si era portato il fardello con il ghiaccio per tutto il percorso per il solo piacere di donarci una pietanza cucinata da lui per tutti noi.
Mi faccio una passeggiata con Dominik e il danese e ridiamo perennemente nonostante la lingua. Questa cosa mi fa pensare. Dove c'è la voglia di condividere e stare bene insieme, al diavolo tutte le barriere linguistiche, sociali e culturali. Il belga è davvero un personaggione. C'è feeling. Per capire la sua ironia devi viaggiare sulla sua lunghezza d'onda ed evidentemente io ci sono. Mi racconta un sacco di cose di se stesso e del suo viaggio che dura da 5 mesi e non si sa quando finirà. Io lo ascolto rapita e non faccio altro che fargli numerose domande perché mi hanno sempre affascinato queste vite folli.  Mi sento come una bambina nell'età dei 'perché'. Voglio sapere tutto. E lui mi sfotte sul mio essere così affamata di sapere. Ridiamo. E ogni volta che lo facciamo non stacco gli occhi dal suo sorriso. E' perfetto e dolcissimo. Ha però negli occhi una vena malinconica, non so. Come se stesse facendo questo viaggio in attesa di risposte.
Piove a dirotto. Classico temporale estivo post calura. L'odore della terra bagnata delle montagne mi apre i polmoni. E' così buono.
Torniamo al rifugio ed è pronta la cena! Zuppa di patate e pollo, piccantina, anche se sembro solo io l'unica ad accorgersene, e verdurine varie. Buono! Anche gli scampi di Ram sono eccezionali.
Sento una sinergia di gruppo molto forte. Sembra che ci conosciamo da una vita. La realtà è che tutti sono lì per creare rapporti, ascoltare storie, tutti hanno i cinque sensi spalancati verso il prossimo pronti ad accogliere. Tutti sono lì per viaggiare. Viaggiare per davvero. E' la serata più bella da quando è iniziato questo viaggio.

Andiamo a dormire, ci sistemiamo su materassi matrimoniali ognuno con la propria zanzariera. Dopo 3 minuti ho il bisogno di andare in bagno. Il bagno era una stanzetta di bambù nella terra un po più in là del rifugio. Al ritorno, passo dalla veranda e vedo un rigonfiamento per terra. 'Cazzo è?' Si muove... Aaaa ma è il belga! Dato che è uno sui generis ha deciso di dormire fuori incartocciato nelle coperte per gustarsi l'aria che ci circonda. Vado a parlarci, scherziamo come al solito. Mi invita a sdraiarmi accanto a lui. Lo faccio senza pensarci. L'atmosfera notturna è bellissima e carica di romanticismo. La luna illumina le montagne, le stelle sembrano vicinissime, e noi due lì su una casetta di bambù sospesa sulle montagne sotto le coperte a prenderci in giro. Con una delicatezza oltremodo comincia ad accarezzarmi. E' lento nei movimenti e mi porta in un'atmosfera che sembra fatata. Sono restia, voglio tornar dentro, cazzo sto facendo, lo conosco da qualche ora. Ma poi mi dico, chi se ne frega. Mi lascio letteralmente cullare dalle sue carezze sul viso, sulla spalla, sul braccio, sulla schiena. Ho proprio bisogno di questa tranquillità dopo mesi di superficialità sentimentale. Passa un bel po penso. Mi bacia. Un bacio piccolo, delicato, lento, lungo. Mi piace. Dopo un po però mi desto dalla droga di queste coccole e torno dentro. Non sento il bisogno che la cosa prosegua.

Dormo poco e male. Neozelandesi in preda a non so quale droga si lasciavano andare a rumori di vario genere, danesi che non avevano parlato tutto il giorno, improvvisamente nella notte avevano riacquistato il dono della parola, zanzare a gogò. Insomma verso le 6 mi rialzo. Ritorno sulla veranda. Sta albeggiando. C'è Dominik che sonnecchia. Mi stendo accanto a lui cercando di non farlo svegliare, ma il bambù cigola alquanto e sembra di essere sui tappeti elastici. Se io premo con il piede in un punto, quello che sta accanto inevitabilmente salta. Ecco così è stato per Dominik. Povero. Ma non sembra amareggiato. Anzi. Insieme sotto le coperte ci facciamo avvolgere dalla fresca brezza mattutina, dalla leggera nebbia che immerge le montagne e ne lascia uscire solo le cime e dal sole arancione dell'alba. Una romantica come me va in brodo di giuggiole.
Colazione tutti insieme fuori. Altro momento di condivisione molto piacevole. E si riprende il cammino. Questa volta in discesa e fortunatamente il paesaggio circostante è molto più interessante. Attraversiamo sentieri, foreste, ruscelletti. Inutile dire che la discesa è piacevole solo per i primi cinque minuti. Perché poi diventa un'inferno, differente da quello della salita ma pur sempre un inferno. I piedi spingono in avanti nelle scarpe e subito si formano vesciche alle dita. Ho talmente sofferto che due unghie sono ancora annerite a distanza di due mesi.
L'israeliano però mi aiuta sempre e comunque, l'ho soprannominato "il mio protettore". Menomale che c'è lui. Fosse per gli altri sarei rimasta da sola a crepare. Carini.
A metà percorso, finalmente le cascate! Ci spogliamo velocissimi e ci immergiamo nell'acqua gelida. Era solo quello che volevo in quel momento. Ero fradicia. Il momento di refrigerio dura poco e subito dobbiamo rimetterci in cammino. Il fresco sulla mia pelle dura ben poco e riprendo a sudare. Fino ad allora non immaginavo neanche di avere così tante ghiandole sudoripare!
Cammina cammina e finalmente arriviamo al campo degli elefanti che sorgeva sulla costa di un fiume. Montiamo su e giretto! Non so come fosse possibile ma bestioni enormi come quei pachidermi effettuavano il percorso a memoria senza qualcuno che li indirizzasse e cosa più assurda passavano in tratti di sentiero minuscoli, che forse anche un uomo avrebbe avuto difficoltà. Tutta questa precarietà mi ha fatto temere di rimanere in Thailandia. PER SEMPRE.
Io piagnucolavo e Dominik che mi era accanto se la rideva. Incoraggiante.
Finito il giro, passiamo al rafting! Figata pazzesca. Ci siamo divisi in due gruppi. Due gommoni. Il capitano prima di salire ci ha dato le dritte su come seguire i suoi comandi. E si parte. Un'ora d'avventura.
Terminata passiamo al Bamboo rafting. Un tratto di fiume pianeggiante e tranquillo. E' tempo di relax. Ci godiamo il sole distesi sul bamboo.
Ritorniamo al campo, e i due giorni sono giunti a termine. Si rientra ognuno ai propri hotel.
Talmente siamo stati bene, che nonostante la stanchezza estrema, decidiamo di rincontrarci tutti la sera per una cena dal cinese. Così il distacco sarebbe stato meno brusco. Dominik non viene, perché scopro essere già su un treno per il Vietnam. Mi dispiace averlo salutato in fretta e furia, ma agli spiriti liberi non si comanda.
Chiacchieriamo, passeggiamo, ma ora è tempo di salutarci per davvero. Sono veramente felice di aver conosciuto questa gente che mi ha arricchito e mi ha fatto passare due giorni di gioia pura.
Ram, da buon protettore, si offre di accompagnarmi in hotel che è dall'altra parte della città. Insiste e mi compra una t-shirt carinissima con la stampa di un elefante stracolorato perché vuole che mi ricordi di lui. L'avevo detto che aveva gli occhi buoni.
Saluto anche lui con la promessa di scriverci, e salgo in hotel. La malinconia mi pervade.
Ora è finito tutto per davvero. Crollo stanchissima e mi addormento con il sorriso.
Il giorno dopo mi dirigo in aeroporto. Ho tre voli e un treno da prendere prima di essere finalmente sotto il mio tetto d'origine, in Italia, in Puglia.

Lascio questa meravigliosa terra che mi ha donato emozioni incredibili. Non ho rimpianti di nessun tipo. Ho fatto e visto tutto ciò che potevo e sono felice.
Thailandia sei troppo bella.
'Ti lascio con un sorriso immenso e una nostalgia infinita.'

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Rossella






giovedì 5 dicembre 2013

CA FAIT MAL...

quanti ricordi.... sento addosso l'umidità della mia chambrette francese dopo la doccia, e questa canzone perennemente di sottofondo...malinconica e ruvida... mi manca Poitiers, la sua spensieratezza, la sua luce dolce dell'estate, la sua aria delicata, le sue strade, il suo freddo, i suoi maglioni, il suo accento francese.
Ora tutti i pensieri ritornano, non è cambiato nulla. La rabbia del non sapere cosa passa in mente alle persone dovrò tenermela ancora per me. Sforzo immane.

ça fait mal de vivre sans toi, ça fait mal de rire sans toi...
https://www.youtube.com/watch?v=mbpIw4X7Kww

giovedì 24 ottobre 2013

Notti d'estate

Pensavo alle notti d'estate, soprattutto quelle trascorse nei vicoletti dei paesi pugliesi sul mare, con le case bianche e blu, con i fiori fucsia...
...e pensavo a quanto possano essere romantiche ed erotiche allo stesso tempo


"notti d'estate e chi le scorda più, notti infinite, solo io, solo tu" - DIROTTA SU CUBA

http://www.youtube.com/watch?v=fl-wvLiTYto

https://fbcdn-sphotos-f-a.akamaihd.net/hphotos-ak-ash4/1378296_10151817279317529_19740721_n.jpg

lunedì 24 giugno 2013

Walk on

Walk On. Incitazione giusta per ogni momento della vita. Una spinta all'andare avanti, andare oltre. Ma ora più che mai mi colpisce a pieno. Una sola settimana e poi la fine. Giornata di partenze. Sono la penultima ad andar via, ed è quindi uno strazio vedere tutti partire, salutare tutti. Ognuno parte per la propria zona del mondo. Ognuno dovrà per forza voltare pagina. Per ognuno finisce un capitolo importante...ma che dico importante...l'erasmus è micidiale! Le lacrime in stazione su visi di ragazzi grandi e forti, che lasciano i propri amori, che lasciano i propri amici, mi provoca una inevitabile sensazione di stretta al cuore, e gli occhi si fanno lucidi per forza di cose. Cavolo...sta finendo... e sembra ieri quando ho scambiato le prime parole con gli altri...e ora si è costretti a salutarli. E chissà cosa ne sarà dopo. In molti ci rivedremo, abbiamo già i nostri piani. In tutti i casi, si dovrà andare avanti, e proseguire ognuno con le proprie vite.
Walk on...

"You're packing a suitcase for a place none of us has been 
A place that has to be believed, to be seen 
You could have flown away 
A singing bird in an open cage 
Who will only fly, only fly, for freedom" - U2 

sabato 15 giugno 2013

15 notti

15 giorni, solo 15 giorni alla fine. Quando fai un viaggio di 2 settimane ti sembra parecchio, no? Per visitare una città, 15 giorni ci stanno. Puoi persino avere il tempo di esplorare zone meno turistiche cercando la vera essenza della città. Ora no. Dopo 6 mesi in terra straniera, 15 giorni che ti separano dalla fine sono un soffio di vento. Tra 15 giorni la mia camera di 9 metri quadri da cui scrivo, quella che mi ha sempre protetta da tutto, all'inizio, quando non sentivo nessuno sorridermi davvero, quella che mi sta stretta quando con il sole fuori, dovevo rimanerci dentro a studiare. Beh questa camera qui, non sarà più lei ad ospitarmi. Non sarà più il mio nido, il mio rifugio, il luogo dove più ho pensato, e pensato, e pensato, la mia vita che direzione prenderà. Il tempo era mio. Tempo puro, libero, sgombro. E tra 15 giorni che ne sarà? Si rivolterà pagina. Un nuovo capitolo. La vita è a capitoli. Ogni volta finisci che hai letto qualche pezzo in più della tua vita.

https://www.youtube.com/watch?v=sURek0ZaupE "Certe notti, la macchina è calda e dove ti porta lo decide lei" - Liga

mercoledì 22 maggio 2013

Viva

Quante persone con la distanza perdi per strada? Quante sono disposte a seguirti e quante no, prese da orgoglio o invidia o svogliataggine? E quante sei disposto a rincorrere tu stesso nonostante il disagio? Per quante ne vale la pena? Chi ti manca per davvero, chi per forza di cose cadrà nell'oblio? E per quante persone tu cadrai nell'oblio? L'erasmus è anche questo. Il tempo per pensare è tantissimo. Al contrario di quanto si possa credere. E viaggi sulle grandi domande dell'universo... chi sono io, cosa voglio essere, di chi mi voglio circondare e di chi non mi voglio circondare. E' tanto il tempo per dimostrare a te stesso chi sei, come sei, da chi travesti ma chi sei veramente... e sono serena. Mi voglio accettare. Ora vivo tutto ciò che mi circonda con passione, perchè non mi ricapiterà più. Prima ero troppo intenta a pensare a cosa non avevo, a cosa avevo lasciato, senza vivermi fino in fondo ciò che avevo qui. Ora, che sento già il peso della vicinanza al traguardo, tutto ciò che c'è da vivere vivo, senza rimpianti...perchè ho paura. Ho paura di tornare. Ho paura di essere diversa. Ho paura di sentire il distacco. Ho paura che quello che avrò potrebbe non piacermi. Ho paura di essere giudicata per il mio probabile cambiamento, la mia probabile crescita. Ho paura di non sapermi difendere in un mondo che potrebbe non appartenermi più.
Sembrano i classici discorsi da adolescente labile. Ma la realtà è che io ho fatto un viaggio, e tutti gli altri no.
E il più grande viaggio che gli altri non hanno fatto è aver strofinato il proprio cervello con gente che non pensavi esistesse fino a 5 mesi fa. Non avresti mai immaginato l'esistenza di nuovi visi, nuovi modi di fare, nuovi culture, fino a che non ti ci saresti scontrato. Qui c'è tutto il mondo. E impari da tutto il mondo. E tutto il mondo impara da te.

http://www.youtube.com/watch?v=RYeS97GQB8A - "Perché sei viva viva cosi come sei, quanta vita hai contagiato, quanta vita brucerai" - LIGABUE


giovedì 16 maggio 2013

The sweetest thing

Cosa fa Bono per scusarsi con la moglie di essersi dimenticato del suo compleanno? Scrive una canzone!
Sweetest Thing. Destinata a scalare le vette delle classifiche in Canada, Irlanda e Regno Unito. Eh si, può capitare di non badare alle ricorrenze importanti quando sei in piena fase registrazione del tuo quinto album con gli U2.
Nel videoclip, girato per le vie di Dublino, Bono lascia alle immagini e alle scritte la sua colpevolezza. "I'm really sorry" è la frase che ritroviamo nel video dove lui non riproduce la canzone in playback, ma lascia parlare la chitarrina di The Edge e il suo sguardo compassionevole in camera. Un pò di presa per culo diciamocelo. Alla fine si lascia andare a finte espressioni di commozione, si toglie il cappello, e gli altri membri della band tirano fuori... un'aureola!
Gli U2 mi ricordano tanto le mie passeggiate per le vie di Temple Bar a Dublino, e quel cantante di strada, che con la sua chitarra e un contenitorino delle sorprese dell'ovetto kinder riempito di riso legato al piede per portare il ritmo, fermava il tempo e riscaldava le gelide strade di novembre con Cat Stevens e la sua Father and Son.


http://www.youtube.com/watch?v=5WybiA263bw - "Love is the sweetest thing" - U2
http://www.youtube.com/watch?v=Q29YR5-t3gg -  "Now there's a way and i know that i have to go away" - Cat Stevens